Oggigiorno è facile imbattersi in articoli di psicologia spicciola che ci comunicano quanto è bello e necessario essere assertivi, quanto è bello e necessario essere resilienti e così via.
A volte vien da pensare che se qualcuno non aveva mai fatto delle proprie pecche nei rapporti interpersonali un motivo di sconforto, certamente si sconforta leggendo tali articoli.
Chi non si sconforterebbe leggendo quanto lontano noi siamo da quella specie di super-uomini che possiedono la grande dote dell’assertività, della resilienza, dell’autorevolezza e così via?
Altrettanto spesso ci viene detto come per raggiungere l’obiettivo basti seguire delle “semplici” regole come avere una buona autostima, sapersi esprimere in maniera efficacie, sapere dire no, ecc.
Tutto facile, tutto semplice come costruire un aeroplano partendo da un tutorial di 1000 parole scaricato da Internet.
La realtà, purtroppo, è ben diversa. Credere di poter cambiare sé stessi applicando delle semplici regole o guardano qualche video motivazionale è pura utopia.
Tutti siamo umanamente fragili e coloro che non sono fragili sono spesso umanamente bastardi. È la triste verità.
La nostra forza non consiste nell’annullare le nostre debolezze ma nel farne tesoro, nel saperle persino apprezzare, talvolta, nel non annullare la propria natura per raggiungere il mito dell’uomo che “non deve chiedere mai”.
Per quanto un atteggiamento ripetuto possa diventare, talvolta, un’abitudine automatica essa difficilmente, però, sarà in grado di modificare il nostro modo di pensare e quindi, pur agendo esteriormente in maniera decisa e sicura, non avremo fatto altro che nascondere le nostre paure e debolezze dietro ad un atteggiamento, esattamente come i bulli nelle scuole e i leoni da tastiera dietro ai monitor.
Comunicare assertivamente ed essere assertivi sono quindi due cose apparentemente unite ma in realtà ben lontane tra loro, un po’ come dire che l’abito non fa il monaco.
Nella vita non ci sono scorciatoie, se davvero vogliamo risolvere qualche aspetto del nostro carattere che percepiamo come sbagliato e che ci fa stare male allora non resta altro che andare alla radice di quel male, prendersi il tempo per osservarlo senza intervenire fino a riuscire a capirlo.
Se la nostra mancanza di assertività durante le riunioni di lavoro o durante una cena fra conoscenti è data dal fatto che non siamo culturalmente preparati su un argomento per sostenere una discussione, come possiamo pensare che sia sufficiente comunicare assertivamente il nostro punto di vista?
Come possiamo essere assertivi per dire dei no quando in cuor nostro ci sentiamo (probabilmente a ragione) colpevoli di qualche cosa?
Potrebbe trattarsi di esempi non perfettamente calzanti, ma è solo per dire che per diventare assertivi è necessario diventare anche consapevoli di sé stessi, imparare ad indagare i propri processi mentali.
Non sono cose che si imparano dall’oggi al domani e non sono cose che si imparano senza sforzo. È un percorso evolutivo che richiede tempo, una vita intera, talvolta, e che dobbiamo effettuare necessariamente da soli.
Qualcuno può forse indicarci la strada ma siamo noi che la dobbiamo percorrere per arrivare alla meta.
Per questo il raggiungimento dell’assertività non può essere disgiunto da una forte motivazione, una motivazione che, ancora una volta, possiamo trovare solo dentro di noi.
Paradossalmente possiamo dire che arrivare davvero nelle profondità dove nascono i nostri conflitti interiori, imparare ad osservarci, a capirci, è la condizione necessaria ed anche sufficiente per diventare non solo assertivi, ma anche uomini equilibrati in ogni aspetto della vita e del pensiero.